Mario Resca, Confimprese: «Negozi aperti non solo il 25 aprile e
1 maggio ma anche a Pasqua: siamo convinti che serva a stimolare le
vendite»
(Milano, 17 aprile 2014) – Sempre aperti a Milano e nel resto
d’Italia. Gli associati Confimprese proseguono sulla strada della
deregulation nel settore del commercio. «Ci auguriamo – chiarisce
Mario Resca, presidente Confimprese – che la richiesta del sindaco
di Milano di tenere le saracinesche abbassate per celebrare 25
aprile e 1 maggio tenga conto delle esigenze del commercio, che ha
bisogno di risollevare i flussi di cassa e di vendere. Non
dimentichiamo che la stessa Milano è diventata meta di importanti
flussi turistici non solo di business ma interessati al nostro
eccezionale patrimonio culturale. Il retail è fondamentale per
assicurare lo sviluppo: chiudere significa essere fuori dalla
mutata realtà. Oltretutto quest’anno le due festività non cadono a
ridosso della domenica e questo favorisce l’affluenza sul punto
vendita. Il 70% degli italiani ha dichiarato che tra Pasqua e le
due festività successive starà casa, quindi la cosiddetta ‘risorsa
tempo’ creerà un flusso virtuoso di potenziali clienti che si
dedicano allo shopping. Molti i negozi aperti anche il giorno di
Pasqua soprattutto nelle città d’arte e a destinazione turistica. I
più frequentati saranno i quelli delle vie nei centri città, meno
quelli nelle zone residenziali e di uffici. Da non dimenticare,
inoltre, che lavorare nei due giorni di festa porta in busta paga
ai lavoratori il 50% in più».
Saracinesche aperte, dunque, a Roma, che con quasi 35.500 negozi è
la prima città d’Italia per numero di negozi, a Milano, seconda
città per esercizi commerciali (15.814), dove corso Buenos Aires è
la via con la maggiore concentrazione di negozi della città e una
delle più lunghe d’Europa con un transito di circa
ottantamila/centomila persone al giorno, di cui circa il 70%
stranieri e il 30% connazionali; a Bologna (5.000 negozi), dove il
commercio vive una situazione difficile per via della
pedonalizzazione del centro storico a Firenze (oltre 6.000 negozi),
a Napoli (20.000 negozi), città in cui il commercio è in crisi
anche a causa dell’incidenza delle tasse e degli affitti sulle
attività commerciali.