di Paolo Stefanato
Stefano Beraldo, amministratore
delegato di Gruppo Coin - che prima ha risanato, poi ha rilanciato
con l’acquisto di Upim - prende a prestito una definizione del
sociologo Francesco Morace per indicare l’obiettivo del gruppo:
andare incontro alle esigenze del consumatore «nella società della
post-opulenza». Lo ha fatto illustrando in un’intervista al
Financial Times l’integrazione di Upim, acquitato dalla Rinascente,
che porta l’intera rete (Coin-OVS Industry-Upim) a oltre 900 negozi
e, soprattutto, a nuovi posizionamenti sul mercato. Il consumatore
della «post-opulenza», spiega Beraldo, che viene da un decennio di
ubriacatura per il lusso, è stato indotto dalla crisi economica a
riflettere nuovamente sul rapporto prezzo-qualità, che era andato
smarrendosi, ma senza più rinunciare al «bello», in termini di
materiali, di manifattura, stile, eleganza. Gli anni che si
affacciano sono quelli, dunque, del «lusso accessibile»,
espressione ormai comune per indentificare l’attenzione ai valori
di cose belle e fatte bene, ma senza le esagerazioni cavalcate, lo
scorso decennio, dalle griffe.
Nell’intervista al FT, Beraldo indica come maggiori rivali le
grandi catene internazionali Zara (spagnola) e H&M (svedese). I
due brand - spiega al Giornale - si posizionano sullo stesso
segmento di OVS Industry, il marchio ormai più importante di Gruppo
Coin, che oggi conta 380 negozi, cui se ne aggiungeranno a breve
altri 60 dalla riconversione di altrettanti Upim. «OVS non riesce
ancora ad avere la connotazione che le spetta - spiega -:
rappresenta la parte maggiore del nostro fatturato (un miliardo su
1,6), e da sola è la più grande catena italiana per quota di
mercato: il 3,5% (che con Upim salirà sopra al 4%, sul 6,5%
dell’intero gruppo), mentre Zara in Italia ha una quota dell’1% e
H&M intorno allo 0,5%». Anche la catena Benetton ha quote
inferiori: «È seconda con il 2,95%». Zara e H&M sono più
«young», OVS «più family»: ma i modelli sostanzialmente non
cambiano, anche in termini di integrazione industriale a monte, sul
prodotto. Le quote di mercato dei primi attori, in Italia, sono
molto basse perché esiste ancora un’enorme frammentazione. «Marcks
& Spencer, in Gran Bretagna, è primo con una quota del 15%, il
secondo, Next, ha il 10%. In Italia il leader, Coin, ha il 6,5%:
siamo ancora indietro rispetto agli altri Paesi europei e questo
significa che c’è ancora ampio spazio per consolidare il settore.
L’acquisizione di Upim è andata in questa direzione».
(...)
Fonte: Il Giornale