La crisi economica
globale ha rallentato il processo di internazionalizzazione delle
imprese italiane, ma anche in questo momento difficile i mercati
emergenti (Russia e Cina in testa) rappresentano una ricca
opportunità per la nostra economia. È questa la principale
conclusione del seminario “L'internazionalizzazione delle imprese
milanesi e il ruolo del sistema Italia”, organizzato da
Assolombarda. Come ha ricordato Marco Mutinelli, docente di
Gestione aziendale presso la facoltà di Ingegneria dell'Università
degli Studi di Brescia, gli ultimi trent'anni sono stati
caratterizzati da una enorme crescita degli investimenti esteri a
livello globale: «Nel 2007 - ha spiegato Mutinelli - gli
investimenti fissi reali (esclusi quelli finanziari) delle imprese
mondiali sono ammontati a quasi 2.000 miliardi di dollari, un
volume circa 60 volte superiore rispetto ai flussi registrati agli
inizi degli anni Ottanta. Nel 2008 e nel 2009 queste cifre sono
destinate a scendere per via della crisi economica, ma la
contrazione non modificherà il quadro complessivo». L'Italia, in
particolare, è un paese meno internazionalizzato rispetto ad altri
paesi omologhi della Ue (Gran Bretagna e Francia in primis),
soprattutto a causa dei ritardi del Sud e per via della dimensione
mediamente ridotta delle aziende nazionali.
Un biennio di grande attivismo
Negli ultimi anni, però, qualcosa è cambiato: nel 2007 ci sono
state 451 operazioni di investimento diretto all'estero da parte
delle imprese italiane, per un totale di 72 miliardi di euro, in
evidente aumento rispetto ai 26 miliardi del 2006. In generale,
secondo Mutinelli, ultimo biennio è stato caratterizzato dal
rinnovato attivismo internazionale delle grandi imprese, con una
ripresa degli investimenti esteri da parte di tradizionali
protagonisti (Eni, Fiat, Finmeccanica), ma anche di nuovi soggetti
(quali Enel). Le multinazionali italiane si sono dimostrate
competitive a livello globale nel settore dei servizi (ad esempio
Autogrill). La debolezza del dollaro ha permesso alle imprese del
made in Italy di riscoprire il Nord America, mentre le iniziative
imprenditoriali in Estremo Oriente si sono rivelate di maggiore
qualità e spessore rispetto al passato.
L'indagine sulle imprese del milanese
Alcune tendenze significative sul comportamento delle aziende
italiane sono emerse da un'indagine del Centro studi Assolombarda
sui processi di internazionalizzazione delle imprese del milanese:
su 2.604 società contattate, 805 (il 30,9%) hanno rivelato di
essere attive sui mercati esteri. L'internazionalizzazione riguarda
tutte le classi dimensionali: anche tra le aziende con meno di 15
dipendenti, il 7% dichiara di svolgere attività produttive al di
fuori dell'Italia. Le imprese del campione hanno esportato nel 2007
in media il 41% del proprio fatturato, quota che cresce nei
preconsuntivi del 2008 fino ad arrivare a quasi il 43%. Il 13,7%
delle aziende milanesi internazionalizzate rivela di svolgere
all'estero anche attività di produzione; quasi la metà del campione
ha indicato come motivazione principale di questa scelta la
necessità di essere vicini ai clienti/committenti, mentre solo il
15% ha segnalato fattori quali la disponibilità di manodopera a
basso costo e i minori costi delle fonti energetiche. Il 46 % delle
aziende milanesi che ha deciso di produrre all'estero ha notato un
rafforzamento del fatturato e, nell'11% dei casi, una crescita del
personale qualificato in Italia. Una percentuale molto inferiore ha
invece indicato come effetti negativi la riduzione del personale
(7%) e la chiusura di unità produttive (4%).
Il problema della delocalizzazione
In questo contesto, il dibattuto tema sulla necessità o meno della
delocalizzazione sembra perdere di importanza: «Il problema è
spesso mal posto - spiega Mutinelli - Nessuno si chiede mai che
fine farebbero le nostre imprese se non investissero all'estero?».
Per quanto riguarda i mercati di investimento, l'Europa rimane la
principale area di riferimento (68%), seguita da Asia (15%),
America (10%), Africa (6%) e Oceania (1%). Per i prossimi 3 anni,
gli imprenditori milanesi si aspettano però di sviluppare il
business soprattutto nei mercati emergenti, come Russia, Cina e
India. «Anno dopo anno - ha dichiarato Giuseppe Castelli,
vicepresidente di Assolombarda - anche se l'Europa occidentale
rimane il principale mercato di riferimento per le nostre imprese,
i paesi emergenti scalano posizioni in classifica. Mi ricordo che
nelle ricerche che facevamo 6 anni fa, gli investimenti delle
aziende milanesi in India erano praticamente inesistenti».
Gianluigi Torchiani - B2B24.IT
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