L'ascolto, un'arte a disposizione del manager

Gisella Vonesch

Data

mar 17, 2014

“La perdita della capacità di ascoltare è figlia della perdita della dimensione del silenzio. L’uomo moderno ha orrore del silenzio”
Questo scriveva Plutarco nel primo secolo dopo Cristo, nella sua Arte di Ascoltare.

L’uomo moderno ha orrore del silenzio, lo fugge, quasi il silenzio disturbasse i suoi pensieri, eppure anche il silenzio è una forma di comunicazione, molto sottile, che può parlare. Chi sa ascoltare e gestire il silenzio è sicuramente un buon ascoltatore. Ma da cosa altro si distingue chi sa ascoltare da chi sa soltanto sentire?

Chi è capace di ascoltare ha un atteggiamento di attenzione nei confronti del suo interlocutore che si manifesta col guardarlo negli occhi, col non interromperlo mentre esprime un parere, col dare feedback di avere compreso, col riformulare e sintetizzare quanto raccolto. Tutto questo però non è sufficiente. 

Per ascoltare in maniera piena è importante avere la testa libera da altri pensieri che, se presenti, occupano e soffocano l’ascolto. Se la mente è focalizzata da qualche altra parte, distolta da tematiche più o meno futili, più o meno serie, non sarà semplice recepire quanto espresso dall’ interlocutore. Sarà possibile sentire parole, frasi, concetti, ma ascoltarlo veramente è un’altra cosa! 

Basta tutto questo per riuscire ad ascoltare? È già molto, ma non sufficiente.

Dice ancora Plutarco: “Le esperienze passate sono sempre presenti per condizionarci anche se non ce ne rendiamo conto … Al nostro fianco cammina il nostro passato che ci imprigiona dietro celle prive di sbarre ma da cui è difficile evadere”. Il vissuto, le esperienze, i condizionamenti, i preconcetti ed i pregiudizi che si sono radicati nel tempo sono un filtro che ostacola la capacità di ascolto, che fa ascoltare in modo non pulito, ma mediato da tutto quanto appartiene alla vita. Si ascolta, dunque, si interpreta, si da un senso alle cose secondo una realtà individuale dove tutto è vero e tutto è falso allo stesso tempo. Per imparare quindi bene ad ascoltare è fondamentale conoscere i propri filtri e riuscire a controllarli ed abbassarli, quando necessario. 

Quindi, ascoltare veramente è un’arte molto difficile che necessita di tenere a freno tutto noi stessi! 

Un ascoltatore poco attento può lasciarsi sfuggire fino al 50% di quanto viene detto, che non è poco! Per misurare anche solo per gioco la propria capacità di ascolto è possibile fare un piccolo gioco molto semplice: provate a rilassarvi, accomodarvi in un posto tranquillo e contare lentamente fino a 50, con l’obiettivo di non lasciare entrare nella mente altri pensieri. 

Facile no?
Qualcuno vuole provare?

La metà delle persone non ci riesce! Eppure non è difficile, ma se non si è capaci di ascoltare se stessi, la propria voce che conta, e si è distratti da altro, quanto sarà facile ascoltare veramente? 

L’ascolto è fonte di informazioni, ma non solo. L’ascolto è una capacità fondamentale nelle professioni di aiuto, nel campo della psicoterapia, nella relazione educativa, nel coaching. E nel contesto aziendale, cosa rappresenta l’ascolto per un manager? Solitamente ad una figura che ricopre un ruolo manageriale vengono richieste capacità come la visione strategica, la capacità analitica e quella decisionale, la capacità di gestire risorse umane e non, la leadership.
E la capacità di ascolto?

Fino a qualche tempo era considerata una capacità quasi di secondo ordine. Veniva, sì, chiesto ai manager di saper comunicare, ma la comunicazione era intesa quasi in modo univoco (vissuta dal lato dell’emittente, colui che parla). Oggi la capacità di saper ascoltare si è fortemente rivalutata. Si è compreso che per saper comunicare in modo efficace è fondamentale agire su entrambe le dimensioni del processo: parlare ed ascoltare. Ecco quindi che il manager inizia a prendere consapevolezza dell’importanza di saper ascoltare in modo autentico i suoi collaboratori, i suoi peer, il suo team, il suo vertice. 

Saper ascoltare in maniera consapevole e piena permette di instaurare con i propri interlocutori, a qualunque livello, una relazione fondata sulla comunicazione bidirezionale efficace in ogni contesto: quando occorre lavorare come leader per guidare il gruppo di lavoro, quando occorre gestire il percorso di sviluppo dei collaboratori, quando occorre condividere attività ed obiettivi da perseguire, quando è importante motivare e stimolare le proprie risorse. La capacità di ascolto diventa dunque una capacità altamente richiesta per i manager, sui quali sempre più si lavora anche nei percorsi di coaching.

Il coach si trova spesso a confrontarsi con il suo coachee, su tematiche di comunicazione efficace dove proprio l’ascolto diventa la microcapacità sulla quale intervenire, con risultati spesso sorprendenti quando il manager acquisisce la consapevolezza che il focus del suo cambiamento sta proprio nel modificare il suo modo di ascoltare.

Marshall Goldsmith, riconosciuto come uno dei più importanti Executive Coach e più influenti "Business Thinker" del mondo, nel suo libro “What Got You Here Won't Get You There” (Ciò che ti ha portato fin qui non ti farà andare avanti), espressamente dice: per ascoltare bene occorre considerare il nostro interlocutore come l’unica e la più importante persona, in quel momento. Questa è la capacità che separa il grande dal quasi grande. E detto da lui, possiamo fidarci!

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FOCUS: L’EXECUTIVE COACHING è una tipologia di coaching orientato a Senior Manager, Responsabili di Business Unit, vertici aziendali in genere dove vengono affrontate tematiche che attengono alla strategia di impresa (lavorando sempre sulla persona e mai sulle competenze tecniche) ed al delicato ruolo di governare una azienda o una parte di essa. Gli alti livelli manageriali spesso si trovano da soli a sostenere sfide importanti e la presenza di un coach con alta esperienza e preparazione può essere un buon partner nell’affrontare le sfide personali e di business che vengono richieste.