Manuale Operativo Franchising
Per chi è: Ideale per franchisor, il...
Albino Dicerto
Il franchising è stato considerato per molti anni un modello organizzativo unico costituito da un’impresa centrale, il franchisor, e più imprese indipendenti di piccola dimensione, i franchisees. Negli ultimi anni, analisi più approfondite hanno cominciato a mettere in dubbio l’esistenza di un modello unico di franchising facendo spazio all’ipotesi che le differenti configurazioni che le organizzazioni franchising assumono nella realtà necessitano di differenti modelli manageriali e rispondono a diverse esigenze proprie della rete.
Una prima configurazione comune a molte delle catene franchising consiste nella coesistenza di unità franchising e unità di proprietà del franchisor. Questo tipo di organizzazione, internazionalmente denominata plural form, è stata oggetto di una serie piuttosto rilevante di studi, sia in ambito nazionale che internazionale. Molto più recente e pertanto meno conosciuto è il filone di studi riguardante l’uso di Single-Unit Franchisees (SUF) e Multi-Unit Franchisees (MUF). Per Single-Unit Franchisee si intende identificare i franchisee che possiedono una sola unità, per Multi-Unit franchisee si intende invece identificare i franchisees che possiedono più di una unità. (Studi recenti dimostrano l’esistenza di franchisee operanti contemporaneamente con centinaia di punti vendita creando così delle “catene nelle catene”.) Nonostante la distinzione appaia banale, le implicazioni manageriali relative alle configurazioni organizzative derivanti dal differente uso di questi “strumenti” sono invece rilevanti.
In questo articolo, dopo un breve cenno alle possibili configurazioni franchising, verrà presenta una serie di considerazioni pratiche sull’uso di SUF e MUF.
Una catena franchising è generalmente descritta come una rete di imprese costituita da un’impresa centrale, il franchisor, e più imprese indipendenti esterne, tra cui si vengono a creare delle relazioni di scambio di beni materiali e immateriali, reciproche, multiple e costanti nel tempo (Fig. 1)
Fig. 1 Relazioni di scambio in una catena franchising
Il franchisor cede l’uso di marchio, know-how, metodi e procedure in cambio di fees, di vario genere e ammontare, e royalties. Questo scambio si ripete più volte durante la vita della rete ed è progettato per durare ben oltre la durata di un singolo contratto.
Un’organizzazione franchising lineare implica perciò una semplice transazione tra un’impresa cedente e più imprese di piccola dimensione legate tra loro per un certo periodo di tempo (Fig. 2).
In realtà le relazioni tra un franchisor e la propria rete
possono essere complicate dall’esistenza di unità di proprietà
dell’azienda, dalla presenza di manager di area, o dalla presenza
di MUF che, di fatto, si pongono come intermediari tra il
franchisor e i punto vendita.
Mentre in una prima fase il franchisor può pensare di gestire
direttamente i propri franchisees, quando aumentano le dimensioni e
la dispersione geografica delle unità della rete, il solo contratto
di franchising non è più in grado di garantire il livello di
controllo necessario. Emergono a quel punto problemi di uniformità
e free-riding . Le possibilità organizzative che un franchisor può
mettere in atto sono di due tipi (Fig. 3):
Fig. 3 Modelli organizzativi a confronto: evoluzione territoriale di una catena franchising
Con free-riding si intende la possibilità che una unità sfugga dal controllo del franchisor e agisca in maniera opportunistica (approvvigionandosi da altri fornitori, cambiando i prezzi…). Il problema del free-riding non è da sottovalutare in quanto, come alcune ricerche dimostrano, il comportamento scorretto di una sola unità può destabilizzare l’intera rete e ridurre il valore del marchio fino al suo azzeramento.
Il primo prevede l’inserimento di alcuni manager incaricati di controllare i SUF in un’area (Regione, Provincia, etc…), il secondo prevede l’utilizzo di MUF che, per la loro attività, dovranno assumere personale in grado di gestire i proprio punti vendita .
E’ da tenere presente che i due modelli non sono universali e che, nella realtà, modelli misti sono la norma.
Il presupposto su cui si regge una catena franchising è che i franchisees, essendo la loro retribuzione strettamente legata alla performance da essi prodotta, siano più affidabili dei manager remunerati a stipendio. Tenuto conto di ciò, il primo problema che un’impresa franchising deve porsi è a quale livello inserire i propri manager se, cioè, è meglio inserirli a livello di area o a livello di punti vendita. Non esiste un modello valido per tutte le imprese ed in grado di fornire una risposta a tale interrogativo ma è bene che il franchisor valuti attentamente il modello da seguire nel suo percorso di crescita.
Sebbene come appena ricordato, non esiste un modello
organizzativo generalizzabile, è però possibile trarre alcune
conclusioni dalla letteratura in materia, sull’uso di SUF e
MUF.
Un primo lavoro di utilità fondamentale per la comprensione di ciò
che segue è quello proposto da Garg e riassunto nella tabella n.
1.
La tabella offre una serie rilevante di suggerimenti utili alla
decisione della forma organizzativa. In particolare, la tabella
mette in evidenza l’impatto dell’uso di differenti “meccanismi di
controllo” – managers, SUF e MUF – sulle principali problematiche
legate alle organizzazioni franchising. Una struttura basata su
manager, ad esempio, permette una relativamente facile rimozione
degli investimenti inefficienti. Qualora l’unità si rivelasse
inefficiente, in effetti, sarebbe sufficiente licenziare il manager
ed assumerne uno nuovo. D’altra parte l’utilizzo di un manager
implica la perdita dei benefici propri del franchising quali il
coinvolgimento diretto nelle performance tipico delle strutture
franchising. Esistono però differenze anche tra diversi modelli di
franchising. In effetti, l’utilizzo di un MUF permette di
risparmiare i costi di selezione e reclutamento necessari, al
contrario, nel caso in cui si volesse procedere ad un ampliamento
della rete con l’introduzione di un nuovo franchisee.
Nel prosieguo verranno brevemente presentati i principali studi
concernenti le relazioni tra forma organizzativa, velocità di
crescita del sistema, uniformità, capacità di adattamento e
potere.
Una serie di lavori, principalmente di matrice statunitense,
sostengono che via sia una stretta relazione tra uso di MUF e
velocità di crescita del sistema. In particolare, i motivi che
dovrebbero portare ad una più rapida crescita del sistema sono:
- MUF è una forma di espansione più economica per il franchisor. Il
risparmio in tal senso, emerge dalla possibilità di evitare i costi
di selezione, formazione ed inserimento dei nuovi franchisees. Tali
costi vengono delegati al MUF che dovrà, a suo carico, selezionare
e addestrare il proprio personale assumendosi al tempo stesso i
rischi da esso derivanti;
- Concedere la possibilità solo ai migliori franchisees di aprire
un nuovo punto vendita aumenta le possibilità di un più alto
rendimento e un ritorno più veloce degli investimenti;
- Un franchisee operante da anni con il franchisor conosce alla
perfezione il business e sarà più incline ad investire denaro in un
nuovo punto vendita ed attendere con pazienza il ritorno del
proprio investimento.
Ricerche in Spagna, Australia e Italia confermano tale
relazione.
Bradach sostiene che “…una serie di punti vendita sotto lo stesso franchisee garantiscono livelli di uniformità più elevati rispetto ad una serie di franchisees tutti independenti tra loro…”. L’assunto, perfettamente sensato, viene poi confermato nel 1998 da una ricerca condotta dallo stesso Bradach e da una recente ricerca italiana. In pratica, l’utilizzo di MUF può garantire livelli più elevati di uniformità e aderenza agli standards. Per lo stesso motivo, i SUF sono più liberi e in grado di adattarsi e percepire gli stimoli del mercato. In questo senso quindi, è possibile argomentare che franchisor con esigenze di uniformità e adattamento diverso siano portati a effettuare scelte organizzative differenti. I primi saranno più portati ad usare MUF, i secondi SUF.
Alcuni autori sostengono che vi sia una stretta relazione tra
potere e dimensioni del franchisee. In pratica, i MUF di più grandi
dimensioni sarebbero in grado di indirizzare le scelte del
franchisor ed influire sull’intera attività del network. Questo
risulta tanto più vero quanto più:
- il MUF è grande messo in relazione con l’intero network (in
pratica, un MUF proprietario di 5 punti vendita ha un impatto
diverso su un sistema complessivo di 20 o di 1000 franchisees)
- il MUF è in grado di “rubare la clientela” o è in possesso di
know-how particolari (è da notare che l’utilizzo di una clausola di
non concorrenza relativo agli anni successivi ad un eventuale
conclusione del rapporto con il franchisee, è spesso uno strumento
costoso e poco efficace da utilizzare).
Osservando le imprese franchising, è possibile notare la
presenza di una serie variegata di forme strutturali. Benché sia
possibile identificare un filo conduttore comune a tutti i diversi
modelli organizzativi, è da tenere ben presente che, tali diversi
modelli, comportano delle scelte e delle implicazioni manageriali
rilevanti.
In questo articolo sono stati analizzati dei contributi che mettono
in relazione l’uso di SUF e MUF e altre variabili, quali la
velocità di crescita, l’uniformità dei comportamenti, la capacità
di adattamento ed il potere. Dall’analisi delle variabili è
possibile desumere che, in effetti, l’uso di SUF e MUF, laddove
consapevolmente pianificato, può influire in maniere positiva sulle
performance dell’intero sistema e sulla capacità dell’azienda di
relazionarsi con l’ambiente in cui opera. Nondimeno, la concessione
dell’apertura di una unità aggiuntiva ad un franchisee, deve essere
attentamente studiata, con l’ausilio di esperti del settore che
avranno modo di analizzare correttamente obiettivi e ambiente
esterno, e messa in relazione con le effettive capacità di gestione
della mutata struttura di controllo e potere.
Autore: Albino Dicerto
Ph.D. in Business Administration
Consulente aziendale