Qual è il futuro del franchising in Cina? E quali le opportunità per le imprese straniere e, in particolare, italiane?
Secondo i dati del
CCFA relativi all''anno 2005 (China Chain Store & Franchise
Association, creata nel 1997 per supportare e promuovere il
franchising), in Cina ci sono 2.320 franchisor e 168.000 outlet,
con uno straordinario tasso di crescita se si pensa che nel 2004 si
contavano poco meno di 2.000 società franchisor e circa 80.000
franchisees e che nel 2000 i franchisors erano circa 400, a fronte
di poco più di 1.000 franchisees.
Non a caso numerosi eventi legati al franchising si svolgono in
Cina ogni anno, i più importanti sono il China Franchise Expo
(prossima imminente edizione dal 21 al 23 aprile 2007) e
International Franchise & Chain Store Expo (prossima edizione 1-3
novembre 2007) che si svolgeranno entrambi a Beijing e sono
entrambi organizzati dal CCFA
Come sempre quando si parla di Cina, sono numeri che fanno impressione, tuttavia, è significativo sottolineare che solo pochi grandi gruppi globali internazionalmente conosciuti sono presenti sul territorio come "franchise companies" (ad esempio i giganti del fast food, come Pizza Hut, McDonald, KFC, Starbucks), ma la maggior parte sono, invece, operatori locali.
Se si guarda al recente passato si nota che KFC (oggi leader assoluto in Cina con oltre 1.400 punti vendita), pur presente sul territorio sin dal 1987 solo negli ultimi tre/quattro anni ha più che raddoppiato il numero di punti vendita investendo in modo sostanziale sul franchising diretto e lo stesso può dirsi per McDonalds (oltre 800 punti vendita) che, pur avendo aperto il primo negozio nel 1992, solo da pochi anni ha puntato in modo deciso sul franchising.
I grandissimi gruppi ad elevato profilo e notorietà internazionale nell'ambito del franchising si sono, dunque, storicamente, rivolti alla Cina in modo molto più simile (e forzatamente standardizzato) alle altre tipologie di investimenti stranieri, finendo, di fatto, per dover adeguare il proprio modello e la propria tipicità di ingresso nei mercati esteri alle particolarità, alle criticità ed ai vincoli legislativi del sistema cinese, con un percorso che prevedeva la costituzione di una Joint Venture a responsabilità limitata con un grande partner locale e successivamente la costituzione di filiali sparse nel paese.
Non è un segreto che
le ragioni della difficoltà di ingresso di gruppi interamente
stranieri come franchise companies in Cina si trovavano
nell'assenza di una regolamentazione precisa in materia.
Basti pensare che la prima legge sul franchising in Cina,
denominata The Provisional Administrative Rules of Commercial
Franchising, fu emanata solo il 14 novembre 1997 e che si rivolgeva
essenzialmente agli operatori interni senza alcuna specifica
previsione per le imprese straniere per le quali vigeva il divieto
di costituire FOEs (Foreign Owned Enterprises) nei settori del
commercio e della vendita al dettaglio.
La strada della Joint venture finiva, così, per essere l'unica percorribile.
Tale limitazione è, però, ormai superata, poiché il 1 febbraio 2005 sono entrate in vigore le Administrative Rules of Commercial Franchising (promulgate l'11 dicembre 2004) dove è stato espressamente previsto che le FICEs (Foreign Invested Commercial Enterprise, ossia le società commerciali di diritto cinese ma a capitale straniero), possano effettuare attività all'ingrosso e al dettaglio, porre in essere contratti di agenzia ed effettuare attività di franchising.
Tale normativa fornisce, altresì, una definizione legale del franchising, prescrive che il franchisor registri i contratti di franchising ed ogni altro documento relativo alla franchise presso le autorità locali e, al tempo stesso, renda pubbliche tutte le informazioni sulla proprie attività.
Al fine di ulteriormente snellire le procedure e favorire lo sviluppo del franchising il SCC (State Council of China) ha, da ultimo, recentemente promulgate le Regulations on Administering Commercial Franchising che entreranno in vigore a partire dal 1 maggio 2007.
Si prevede, ad
esempio, che il franchisor debba essere necessariamente un'impresa
regolarmente costituita in osservanza delle leggi vigenti, essere
titolare di un marchio, di una denominazione sociale e di un
sistema di vendita per il cui trasferimento a terzi parti non
esistano limitazioni, poter offrire ai franchisees supporto
strategico garantendo la fornitura non solo di prodotti, ma anche
di consulenza commerciale e tutto il know how necessario alla
realizzazione del progetto.
Vi è, poi, la previsione per cui il franchisor debba, inoltre, aver
già gestito direttamente nel territorio della Repubblica Popolare
Cinese almeno due negozi per un periodo superiore ad un anno.
Quest'ultima disposizione trova giustificazione (secondo le
autorità cinesi) nella necessità di conoscere direttamente il
mercato e le sue peculiarità prima di creare una rete di vendite in
franchsing.
Ferme queste previsioni, resta, invece, priva di specifica regolamentazione la possibilità che un'impresa straniera operi direttamente come franchisor in Cina. Tale soluzione è, di fatto, consentita e avviene a seguito di un permesso rilasciato dal Ministero del Commercio cinese.
In previsione dell'entrata in vigore delle nuove Regulations il 1 maggio 2007 è, però, assai probabile che nei prossimi mesi il Governo cinese adotti anche specifiche e rilevanti regolamentazioni in tal senso, contribuendo così a fare definitiva chiarezza in materia.
Il quadro sinteticamente illustrato dimostra, pertanto, come, negli ultimi dieci anni anche nel settore del franchising, la Cina, nel solco tracciato con l'ingresso nel WTO del 2001, rappresenta un mercato straordinariamente ricco e che cerca, via a via, di regolamentarsi sempre più e di offrire tutela giuridica, verso quella ricerca della certezza del diritto che ha rappresentato lo storico tallone di Achille nella recente ascesa del paese da quando si è aperto ai mercati.
La Cina, infatti, con un tasso di incremento medio previsto per gli anni a venire superiore al 50%, rappresenta il mercato del franchising in assoluto a più alta crescita a livello mondiale. I settori che presentano importanti prospettive riguardano non solo il settore alimentare, ma anche, ad esempio, abbigliamento, cosmetica, catene di discount, riparazione e manutenzione auto, articoli per la casa ed il bricolage, settore immobiliare, istruzione e formazione, benessere, lavanderie e video & foto.
Primo mercato come dimensioni, classe media in smisurata crescita con un bacino di acquirenti potenzialmente enorme, limitazioni per gli stranieri in costante diminuzione, costi di attivazione relativamente bassi... perché dunque non è ancora davvero decollato per le imprese straniere l'uso del franchising in Cina e, sinora, salvi i grandissimi gruppi, i franchisors sono essenzialmente imprese nazionali?
Secondo gli analisti più autorevoli il successo di un sistema di franchising poggia le basi sulla certezza di operare in un paese in cui vi siano strutture legali stabili e sicure con particolare riguardo alla tutela della proprietà intellettuale. Il franchisor deve sentire che il suo marchio, il suo prodotto e il suo know-how sono al sicuro sia dal franchisee che dai terzi.
Le univoche previsioni di ulteriori tassi di crescita dei consumi interni e le dimensioni del mercato fanno si che la Cina rappresenti, senza dubbio, il più interessante mercato al mondo per chi intenda utilizzare il sistema di vendita in franchising.
Le recenti novità normative e le aspettative di ulteriori imminenti regolamentazioni non possono che lasciar suggerire (pur con le dovute cautele e con la necessità di sondare prima il mercato e i potenziali franchisees attraverso l'aiuto di consulenti qualificati) che anche per le aziende italiane il franchising può davvero costituire un'importante opportunità da tenere in considerazione.
Fonte: Corriereasia.it (articolo di Giovanni Pisacane)