Manuale Operativo Franchising
Per chi è: Ideale per franchisor, il...
di Ugo Perugini, Beesness
Capi in incognito
Nel nostro Paese arrivano dagli Stati Uniti un’infinità di format televisivi. Spesso anche di qualità piuttosto scadente. Nessuno però ha pensato, ancora, di esportare per il pubblico nostrano un programma che sta avendo un certo successo, oltre che negli Usa, anche in molti altri Paesi europei (come Inghilterra e Germania, dove sono state realizzate delle versioni adattate): il programma si chiama “Undercover Boss”, cioè capi in incognito. Chi vuol capire come funziona il meccanismo, si veda qualche puntata di “Un capo in incognito” su “La 7”, traduzione italiana della serie americana. Il meccanismo è piuttosto semplice. Il leader di un’azienda si traveste ed entra a far parte sotto mentite spoglie della sua stessa impresa come collaboratore di basso livello per scoprire così “dall’interno” cosa pensano di lui, dell’azienda, del lavoro e come vengono trattati i clienti. Siamo convinti che un’esperienza del genere potrebbe essere molto utile a certi manager italiani, spesso troppo pieni di sé, per capire come i loro collaboratori lavorano, quali sono i loro reali principi, se la mission dell’impresa viene ben interpretata, se c’è condivisione, passione, partecipazione, oltre a capire quello che essi pensano sul serio del proprio management. Ma in Italia, operazioni del genere sarebbero viste con diffidenza da tutti. Forse è per questo che un format del genere è improponibile?
Non è sempre piacevole conoscere la verità. Ma certe volte è necessario. La trasmissione televisiva “Boss in incognito” è un sistema che permette al responsabile dell’azienda di verificare direttamente che cosa i suoi collaboratori pensano di lui e come lavorano. Naturalmente, al di là dello spettacolo, questa esigenza è molto sentita da parte del management. Alcuni dati di una recente indagine statistica proveniente dagli Usa (Gallup) rilevano come quasi il 50 per cento dei collaboratori non abbia fiducia nel proprio leader, sia insoddisfatto del lavoro che fa e svolga la sua attività senza impegnarsi eccessivamente. Insomma, l’impressione prevalente è che il collante della fiducia tra datori di lavoro e lavoratori si stia sempre più allentando. E la cosa è particolarmente preoccupante, anche perché, le imprese che al mondo hanno più successo sono invece proprio quelle che sono riuscite a creare un rapporto di armonia molto alto e stabile tra dipendenti e dirigenti. Un’armonia che, guarda caso, si riversa positivamente sui clienti che, a loro volta, mostrano livelli di soddisfazione e fidelizzazione elevatissimi. Non ci vuole un genio per capire come tutto sia intrecciato e collegato.
Sospetti sui propri collaboratori: le agenzie investigative
Ma esiste un altro segnale piuttosto preoccupante che individua un forte calo della fiducia tra datori di lavoro e lavoratori. Sempre più spesso gli imprenditori ricorrono alle agenzie investigative per indagare sul comportamento dei propri collaboratori. Questo fenomeno negli ultimi tempi sembra sia andato aumentando in Italia molto significativamente, superando nettamente il tradizionale settore delle indagini matrimoniali. Ma quando ciò accade significa che siamo di fronte a una situazione già largamente deteriorata: è evidente che esistono concreti sospetti di un comportamento infedele dei propri collaboratori, che possono nascondere possibili illeciti e violazioni di vario tipo. Arrivare a questo punto significa che il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore si è ormai disgregato e non vi è alcuna intenzione di recuperarlo ma solo di punire eventuali responsabili. Nessuno nega che in certi casi sia opportuno e necessario mostrare il “pugno di ferro”. Non condividiamo però le considerazioni di certi manager che considerano interventi del genere, un sistema educativo o, perlomeno, dissuasivo, nei confronti di tutti i collaboratori. Una azienda che si regge sul principio della forza e dell’autorità (attraverso ricompense e punizioni) per favorire comportamenti virtuosi e scoraggiare quelli devianti, e, per farlo, è costretta ad applicare controlli assillanti e vigilanza continua, favorisce lo sviluppo di un clima che, anziché essere collaborativo, diventa tanto oppressivo da risultare col tempo sempre più difficile da gestire. Riflettiamoci.
Ma quando fiducia e rispetto tra manager e collaboratori cominciano a venire meno? Come si fa a capire quando è necessario intervenire?
Se hai un’azienda, di qualsiasi dimensione essa sia, e vuoi guadagnare fiducia e rispetto, è arrivato perciò il momento di sottoporti a una specie di esame di coscienza, rispondendo ad alcune domande su questo argomento.
Qual è la tua reputazione all’interno dell’azienda?
a) Sei credibile? Le informazioni che diffondi sono sempre controllate e rispondenti al vero? Non ti è mai successo di fare dichiarazioni di intenti o adottare strategie aziendali che in qualche modo sono state poi smentite dai fatti? Insomma, sei sicuro che il tuo comportamento nei confronti dei tuoi collaboratori sia sempre stato coerente?
b) Hai sempre mantenuto vivo il rapporto con i tuoi collaboratori? Sei sicuro che conoscano con esattezza quali sono gli obiettivi aziendali e le linee guida principali che hai stabilito? Cerchi di dialogare con loro soprattutto quando sollevano problemi o mostrano insoddisfazione? Ogni feedback negativo, come dovresti sapere bene, va verificato e deve consentire di rilevare eventuali aree di criticità al fine di poterle risolvere e migliorare.
c) Di fronte a importanti cambiamenti organizzativi o strategici nell’azienda, ti sei limitato a fare un discorso generale “coram populo”, oppure hai anche voluto verificare direttamente, o attraverso i tuoi più stretti collaboratori, se sono state colte fino in fondo le ragioni reali che hanno condizionato la tua scelta? Il modo corretto per consolidare la stima e il rispetto nei confronti dei collaboratori è farli sentire partecipi e coinvolti il più possibile. Nessuno si accontenta di informazioni generiche, soprattutto quando in ballo vi sono trasformazioni importanti che in un modo o nell’altro riguardano il proprio lavoro.
d) Sai cosa pensano i tuoi collaboratori del lavoro che svolgono? Pensi che lo svolgano con piacere e che ritengano di essere apprezzati nel modo giusto? Credi che si sentano soddisfatti oppure, invece, hanno qualcosa da recriminare?
e) Qual è il loro rapporto con l’attività che svolgono? Si sentono sufficientemente responsabilizzati? La loro professionalità e affidabilità dipende molto dal modo in cui interpretano quotidianamente il proprio ruolo.
Insomma, in certi casi, un esame di coscienza è necessario, presuppone capacità autocritiche e anche una certa dose di umiltà, ma in genere se svolto con serietà e onestà porta a risultati più che positivi.