Manuale Operativo Franchising
Per chi è: Ideale per franchisor, il...
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una crescita
esponenziale della conflittualità giudiziale. I numeri sono
impressionanti: ogni anno vengono iscritte 4,5 milioni di nuove
cause, con una media di 6.277 cause civili ogni 100.000 abitanti,
contro le 1.844 della Francia o le 661 della Germania.
Questo fenomeno, che non pare destinato a rallentare, comporta
diverse conseguenze. Secondo i dati del Ministero della Giustizia
(apertura anno giudiziale 2010) in Italia abbiamo un cumulo
pendente di 5,6 milioni di processi civili; i tempi medi per una
sentenza civile di 1° grado sono di 2 anni e mezzo, 4 anni per
l’appello; i costi dell’apparato della giustizia sono di 4
miliardi di euro l’anno, i costi processuali rappresentano il 30%
del valore della causa.
Ma la questione è anche un’altra. La via giudiziaria è lo
strumento migliore per risolvere le controversie che ci
riguardano? I paesi anglosassoni hanno da tempo consolidato
delle vie alternative alla risoluzione delle controversie, le
Altenative Dispute Resolution (ADR), che si sono rivelate in molte
circostanze più efficaci e soddisfacenti. Tra i vari strumenti
spicca, per numerosità di interventi e grado di riuscita, la
mediazione. Sulla scia di questa esperienza, nel 2008 la
Commissione Europea ha emanato la Direttiva 2008/52/CE con
l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini l’accesso a sistemi
extragiudiziali di risoluzione delle controversie, in particolare
allo strumento della mediazione.
In Italia il Decreto Legislativo n° 28 del 4 marzo 2010, con il
Regolamento attuativo n°180 del 4 novembre 2010, ha implementato la
Direttiva, riformando la disciplina sulla conciliazione societaria
precedentemente in vigore (Decreto Legislativo n.5 del 17 gennaio
2003 e Decreto Ministeriale n.222/223 del 23 luglio 2004).
La mediazione è “l’attività svolta da un terzo imparziale,
finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un
accordo amichevole per la composizione di una controversia”
(DL.28/2010 Art.1). La mediazione è volta dunque ad supportare le
parti affinché arrivino, autonomamente, alla definizione di una
soluzione di reciproca soddisfazione, rendendo superfluo, se
possibile, il ricordo alla via giudiziaria.
La mediazione non è un arbitrato, in quanto il mediatore non
ha il potere di decidere il merito della questione e di imporre la
sua decisione alle parti. E si differenzia anche dalla negoziazione
diretta delle parti, che non prevede l’intervento del terzo
imparziale e neutrale.
La nuova procedura di mediazione disciplinata dal DL n°28/2010
presenta numerosi vantaggi. E’ veloce: la durata massima
prevista è di 4 mesi. Ha costi limitati e predefiniti,
nonché diverse agevolazioni fiscali. E’ volontaria, nel
senso che il buon esito del procedimento e la sottoscrizione
dell’accordo sono sempre condizionati alla volontà delle parti. E’
efficace, in quanto l’accordo raggiunto può sottoposto ad
omologa e diventare titolo esecutivo. Tuttavia, in caso di mancato
accordo, non viene compromessa la possibilità di ricorrere in
giudizio (o all’arbitrato). Infine è riservata, in quanto
nessuna informazione o dato emerso nel corso del procedimento può
essere utilizzato al di fuori della mediazione stessa (si veda box
1).
Emerge chiaramente la differenza rispetto alla forma classica del
giudizio. Nel giudizio (ma anche nell’arbitrato) la decisione
viene demandata al terzo, che ha il potere di imporla alle
parti e che procede secondo Diritto. La sentenza chiude la
controversia, ma non necessariamente risolve il problema tra le
parti, anzi solitamente ne acuisce il contrasto. Per questo motivo
si ritiene che non sia lo strumento adeguato per risolvere le
diatribe in cui le parti continueranno, o potranno continuare, ad
avere dei rapporti, come ad esempio nel caso delle relazioni
commerciali, del diritto societario o dei patti di famiglia.
Inoltre la sentenza, se sicuramente scontenta la parte soccombente,
potrebbe anche scontentare la parte vincitrice, che avrebbe voluto
di più, o che ha dovuto aspettare troppo tempo o sostenere costi
troppo elevati, o ancora che non ha trovato nel Diritto la norma
adatta a tutelare il suo interesse specifico.
Nella mediazione sono le parti, coadiuvate dall’azione
professionale del mediatore, a costruire la loro possibile
soluzione. Soluzione che prescinde dalla definizione dei torti
e delle ragioni, o dalle tutele puntuali del diritto, ma si
concentra sulla definizione di un punto di incontro dei reciproci
interessi. Il mediatore infatti, partendo dall’ascolto e dalla
comprensione delle rispettive ragioni, si adopera per la riapertura
del dialogo e della comunicazione tra le parti. Il mediatore aiuta
a separare il problema dalle persone, le ragioni dalle emozioni,
superando i blocchi emotivi che molto spesso fanno naufragare le
negoziazioni dirette. Grazie anche all’applicazione di tecniche di
comunicazione, negoziazione e gestione del conflitto, il mediatore
amplia il campo delle possibili soluzioni. L’accordo finale può
arrivare a includere elementi esterni alla questione specifica,
abbracciando l’intero perimetro del rapporto tra le parti,
allargando il contorno della torta. Si esce quindi dalla logica
della soluzione win–lose o ripartitiva (quello che guadagna uno lo
perde l’altro), e si entra in quella win-win, detta anche
generativa.
A marzo 2011 il tentativo di mediazione è diventato requisito di
procedibilità per una grande varietà di materie (si veda box
2). Dunque, prima di chiamare in giudizio una controparte sulle
materie in questione, sarà obbligatorio esperire un tentativo di
mediazione davanti a un organismo qualificato. Questo passaggio
formale può essere vissuto, da aziende e cittadini, in due
modi:
E’ evidente che non tutte le cause potranno trovare una soluzione consensuale. La posta in gioco potrebbe essere troppo grande, le posizioni antitetiche o il rapporto tra le parti ormai compromesso. Tuttavia la mediazione offre l’occasione per un ripensamento della prospettiva: è un invito all’abbassamento dei toni dello scontro, alla riapertura del dialogo, all’abbandono della logica del torto-ragione, vincitore-vinto. La mediazione spinge a un’assunzione di responsabilità, al superamento della contrapposizione muta e sorda, alla valorizzazione della relazione, alla capacità di costruire una soluzione condivisa pur in presenza di una diversità di obiettivi e punti di vista.
L’augurio del legislatore è che la mediazione riesca ad
affermarsi come strumento per gestire in modo snello, economico e
consapevole una grande quantità di contestazioni, come già avviene
nei paesi anglosassoni, con grande beneficio per aziende e
cittadini, in termini di tempi e costi. Specularmene il ricorso
alla mediazione consentirà di alleggerire il sistema giudiziario di
innumerevoli cause, liberando risorse e mezzi, da dedicare con
maggiore efficacia alla risoluzione delle questioni più ostiche e
controverse e agevolando un riallineamento della funzionalità del
nostro sistema giudiziario agli standard degli altri paesi
europei.
Il rapporto ISDACI 2010 sulla giustizia alternativa, evidenzia un
tasso di successo delle mediazioni presso le Camere di Commercio
del 56%, che cresce fino al 66% considerando l’accordo
raggiunto liberamente successivamente all’incontro di mediazione .
L’ISDACI è l’istituto scientifico per l’arbitrato, la mediazione ed
il diritto civile
Dott.ssa Grazia Francolini
Grazia Francolini opera come Mediatore civile e commerciale presso
la Camera di conciliazione di Lodi e di Alessandria
Studio Francolini, Management & Consulting
Via Martiri di Cefalonia, 4
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