Ricerca Retail all'estero: gli obiettivi e il campione

Silvio Zannoni

Data

ott 28, 2013

Gli obiettivi della ricerca

La presente ricerca, di tipo qualitativo, ha tre obiettivi prioritari:

• valutare il grado di sviluppo delle reti italiane di franchising all’estero;
• comprendere il livello di priorità strategica dei mercati esteri per i retailer italiani; 
• evidenziare le motivazioni delle scelte strategiche degli operatori in termini di formule commerciali utilizzate per l’internazionalizzazione.

La metodologia utilizzata e il campione analizzato

La strumento più rapido per raggiungere gli obiettivi appena sopra accennati è stato giudicato il “sondaggio online”. Nei mesi di agosto e settembre 2013 è stato inviato un questionario compilabile online ai database di BeTheBoss.it e Confimprese. I retailer rispondenti sono stati circa 150, di cui il 60% sono operatori non ancora presenti all’estero e il 40% già presenti sui mercati internazionali.

Il campione dei retailer già presenti all’estero

Il campione è costituito da Ristorazione rapida/Pizzerie (18,75%), Gdo/Alimentari, Gelaterie/Yogurterie (entrambi circa il 12%), Abbigliamento uomo-donna/Ristorazione a tema/Pub (entrambi circa il 6%), Abbigliamento bambino, Alberghi, Calzature/Pelletteria, Centri estetici/Benessere/Palestre, Intimo, Mobili, Servizi postali/Stampa (tutti circa il 3%).
Diversamente dai retailer non ancora sbarcati oltreconfine, la maggior parte di quelli già presenti all’estero, pari al 31,25%, prevede un investimento iniziale per il franchisee compreso tra i 150.000€ e i 500.000€. In termini di anzianità delle reti quasi il 44% del campione dichiara di aver avviato lo sviluppo sui mercati internazionali tra i 3 e i 10 anni fa. Un buon livello, dunque, di anzianità che riflette già una buona esperienza di gestione della rete in territorio straniero.

Il campione dei retailer non presenti all’estero

Anche in questo caso il campione analizzato presenta un marcato sbilanciamento verso la Ristorazione rapida con l’11,11% e Gdo/food con l’8,89%. Ciò rispecchia la situazione reale, perché proprio il food è il settore del made in Italy più presente oltreconfine. Seguono Calzature/pelletteria e Centri estetici/benessere ai quali appartiene circa il 6,67% dei rispondenti. Abbigliamento uomo-donna, Asili/ludoteche, Informatica, Internet contano circa il 4%.
Per quanto riguarda l’investimento iniziale richiesto per aprire un punto vendita, oltre la metà dei franchisor partano da una base inferiore ai 50.000 €. Si tratta inoltre di reti relativamente giovani; il 33,33% dichiara infatti di aver iniziato ad aprire punti vendita in Italia tra i 3 e i 10 anni fa. 
In buona sostanza, a parte il settore di provenienza, i due campioni – retailer già all’ estero e non ancora all’estero - divergono sia per anzianità della rete che per investimento richiesto, entrambi più elevati per i retailer già internazionalizzatisi. Questo ci conferma la buona prassi di aprire negozi all’estero solo dopo aver ben consolidato il proprio business in Italia.