Manuale Operativo Franchising
Per chi è: Ideale per franchisor, il...
Prendete un arcobaleno. Sapreste scegliere un colore –uno solo– che lo rappresenti? No, naturalmente. Perché l’arcobaleno è semplicemente irriducibile. Lo stesso si può dire dell’uomo che abbiamo conosciuto con il nome di Steve Jobs.
Visionario. Arrogante. Illuminato. Esponente della controcultura. Capitalista compulsivo. Sono tutte descrizioni che si adattano –assieme a molte altre– alla figura del fondatore di Apple. La corposa biografia scritta da Walter Isaacson stenta a contenere i punti di vista.
Al di là dei quali ci sono però valori che Jobs ha incarnato
al massimo grado e che costituiscono la sua eredità spirituale.
Ne scegliamo due, a cui vorremmo rendere omaggio.
Bene, anche quello che non si vede
Il primo, l’attenzione al design, è a sua volta un’eredità
raccolta e sviluppata. Ci spieghiamo meglio. I prodotti di Jobs
sono in genere oggetti raffinati.
Ciascuno rappresenta il culmine di successivi perfezionamenti e
racchiude un impegno maniacale nel rifinire ogni dettaglio. Anche
quelli che nessuno nota.
Prendete la scocca uni body del MacBook, di cui il designer Jony
Ive ha detto che “è probabilmente più bello dentro che fuori”.
O la mainboard dei primi Macintosh, di cui si racconta che Jobs
abbia fatto rifare il tracciato perché i circuiti stampati non
seguivano un percorso elegante. O la scocca dell’Apple II, che non
era possibile aprire se non con utensili speciali ma al cui interno
erano incise le firme degli ingegneri del team di sviluppo.
Quasi sempre, il design è stato influenzato da una massima che Jobs
raccolse dal padre, meccanico della Marina: “un buon mobiliere
sceglie un legno di qualità anche per il pannello posteriore di una
credenza, anche se nessuno lo vedrà mai”. Fedele all’insegnamento,
Jobs ha dimostrato che, anche in piena crisi, un design superiore
vende, indipendentemente dal prezzo.
Incroci complessi
Un altro fattore decisivo del successo di Jobs nasce dalla
composizione caotica della sua personalità. Ex hippie,
appassionato di musica, collezionista di espulsioni lungo l’intera
carriera scolastica, interessato alle scienze esatte come allo zen
e alle arti grafiche, Jobs ha fatto della curiosità l’asse portante
della propria formazione. Il risultato? Un’anima inquieta, con
un singolare incrocio tra saperi umanistici e competenze
scientifiche.
Un profilo che lo avvicina a quello di molte grandi personalità
del Novecento e che traccia una preziosa indicazione per il
futuro. In un mondo ad alta velocità dominato dalla fredda logica
ingegneristica, ciò che conta davvero è stabilire un controllo
umano, emotivo e culturale su processi altrimenti sterili e
votati alla logica del “massimo rendimento con il minimo
sforzo”.
I vincenti del futuro, in ambito economico come politico,
saranno gli individui che vantano un background imbevuto di cultura
umanistica e scientifica. In altre parole, non si può fare
crescita senza investimenti culturali. Detto in questa Italia,
suona quasi inquietante…
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