Milano, 6 dicembre 2012 – Sono ancora molte le incertezze sul contratto di associazione in partecipazione. Dall’indagine condotta dall’Osservatorio Confimprese nel mese di novembre sulla base propria associativa, è emerso un quadro a tinte fosche. «Del resto – osserva Mario Resca, presidente Confimprese – la legge 92/2012, pur nel condivisibile intento di colpire l’uso distorto del contratto come sistema di elusione del lavoro dipendente per abbassare il costo del lavoro, rischia però di mettere in crisi un modello commerciale adottato in modo del tutto legittimo nel nostro Paese dalle grandi reti di vendita».
Al campione di circa 50 imprese è stato sottoposto un questionario scritto con 4 domande relative ai punti controversi circa l’applicazione delle nuove regole contenute nella riforma Fornero. Le aziende associate appartengono in egual misura ai settori immobiliare, arredamento, abbigliamento e accessori, oggettistica, turismo.
Il fronte dei rispondenti appare compatto già dalla prima domanda, in cui si chiede se le modifiche della norma tengano conto delle reali esigenze delle reti del commercio moderno: il totale del campione ha risposto in maniera negativa, sostenendo che le reti commerciali necessitano di collaboratori con retribuzioni variabili e legate ai risultati del punto vendita. La legge prevede, infatti, che i rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, avviati e condotti in assenza di un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili oppure omettendo di consegnargli il previsto rendiconto contabile, siano automaticamente convertiti in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Il totale dei rispondenti dichiara poi che non ha alcun senso
l’introduzione del limite numerico di non più di 3 associati in
partecipazione per unità produttiva, indipendentemente dalle
dimensioni dell’impresa in questione. Il 50% delle imprese
intervistate sostiene, infatti, che non è imponendo limitazioni
numeriche che si garantisce un uso corretto dello strumento. Un
altro 50% dichiara di non aver chiaro se la clausola dei 3
associati sia relativa al singolo punto vendita o all’intera
rete.
Il fronte dei rispondenti appare meno coeso, invece, alla domanda
sull’uso che in futuro farà dei contratti di associazione in
partecipazione. Il 40% sostiene che porterà a termine i contratti
in essere, avendo sempre fatto un uso corretto dello strumento. Un
altro 40% sta cercando possibili sbocchi contrattuali alternativi.
Il restante 20% del campione dichiara di volere certificare i
contratti di associazione in partecipazione, in modo da avere un
anno di tempo per trovare altre soluzioni, tra cui le più indicate
sono il lavoro interinale e il tempo determinato.
L’ultima domanda riguarda, infine, l’impatto previsto delle
nuove disposizioni in materia di associazione in partecipazione
sullo sviluppo della propria rete di vendita. Il 70% dei
rispondenti ritiene che l’impatto della riforma Fornero sarà
assolutamente negativo: di questi il 30% si aspetta
chiusure proprio a causa della stessa e un 5% dichiara che la
propria rete subirà un ridimensionamento a livello di personale ma
non di numero di punti vendita.
Resta da capire se il risultato della riforma Fornero sarà
quello di limitare l’uso distorto dei contratti di associazione in
partecipazione o di far scomparire definitivamente dal mercato
questo strumento contrattuale. «Ci auguriamo – conclude Mario Resca
– che nelle revisioni annunciate dalla riforma Fornero possa
trovare spazio anche una riflessione su questi temi».
Laura Galdabini
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