Continua ad aggravarsi la crisi dell’industria tessile
cinese e Pechino corre ai ripari, pianificando l’aumento dei
rimborsi iva sull’export. È quanto emerge da voci di settore,
rilanciate in questi giorni dalla stampa internazionale, secondo la
quale a metà luglio lo sconto governativo sull’iva versata dagli
esportatori di abbigliamento dovrebbe passare dall’11 al 15%,
mentre quello sui tessuti slitterebbe dall’11 al 13%. Se il
provvedimento dovesse essere confermato ed entrasse in vigore, per
il governo cinese si tratterebbe di un imbarazzante cambio di
direzione, totalmente in contrasto con le riduzioni all’imposta
sull’export effettuate negli ultimi mesi.
In effetti, l’industria tessile costituisce un settore cruciale per
il Dragone, in grado di dare lavoro a più di 20 milioni di persone
e proiettare in alto la bilancia delle esportazioni, giunte vicino
ai 200 miliardi di dollari nel 2007 per il comparto in questione.
Tuttavia, Pechino sa che dietro numeri così impressionanti si cela
un sistema produttivo fragile, basato sul lavoro di migliaia di
piccole aziende in continua competizione tra loro. Molte di queste,
negli anni, hanno visto ridursi drammaticamente la marginalità,
arrivando in molti casi a chiudere i battenti per l’incapacità di
adeguarsi alle condizioni imposte dal mercato. Oltre alle
problematiche strutturali sopraccitate, negli ultimi due anni si
sono aggiunti l’apprezzamento dello yuan sul dollaro, e la
congiuntura, sofferta in particolare dagli Stati Uniti, da sempre
il principale mercato di sbocco del tessile cinese, dove in pochi
mesi il prezzo di una maglietta di cotone è aumentato del 10%.
Era proprio per dimostrare buona volontà verso gli Stati Uniti, che
Pechino aveva di recente decretato la riduzione dei rimborsi iva
sull’export del tessile, passando in due fasi successive dal 17
all’11%. A quanto pare però, le proteste messe in atto dagli
operatori di settore e il rischio di chiusura per migliaia di
aziende, avrebbero indotto il governo a rimangiarsi tutto per
correre ai ripari.
Di certo però, il provvedimento previsto per metà luglio potrà solo
alleviare la crisi in atto, rimandando comunque il problema ad un
secondo momento. Ecco che stando ai rilevamenti effettuati dalla
China Cotton Textile Association (e pubblicati dal Sole 24 Ore), il
44% delle aziende interpellate starebbe tentando di svincolarsi dai
mercati stranieri, per concentrarsi sul mercato interno. Una
notizia poco piacevole anche per gli operatori stranieri, molti dei
quali hanno impegnato ingenti capitali nella costituzione di joint
venture con partner cinesi.