Sono più di una le opzioni commerciali che la legge e la pratica nel mercato offrono all’imprenditore per lanciare un’idea di business nei mercati, nazionali o internazionali. La scelta di un’opzione piuttosto che un’altra cambierà di molto le strategie di aggregazione commerciale e, quindi, di penetrazione nel territorio. Avvalendomi delle esperienze registrate all’estero e in conformità a formule riconosciute e consolidate in alcuni mercati europei, tenterò di catalogare i principali accordi che, pur richiamando alcuni elementi e concetti del franchising, non sono propriamente riconducibili a questa formula. In altre parole, cercherò di porre l’accento sui “fondamenti”, cioè i concetti base delle formule di aggregazione commerciale (o networking, come amano dire gli anglosassoni) che sono finalizzate allo sviluppo di nuovi business attraverso la collaborazione di due o più partner.
In materia di distribuzione di prodotti e/o servizi, esistono sostanzialmente cinque o sei formule di collaborazione contrattuale: il franchising (in italiano: affiliazione commerciale), il partenariato, la commissioneaffiliazione, la concessione di vendita, la licenza di marchio. Anche se queste formule presentano un certo numero di elementi simili, si può affermare che esse sottintendono rapporti differenti. I principali punti comuni sono, in sostanza:
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la presenza d’una marca, di un’immagine coordinata;
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la commercializzazione di prodotti o servizi;
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la fornitura di assistenza tecnica;
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un’integrazione verticale più o meno rigida.
In ogni caso, i rapporti contrattuali saranno sottoscritti dalle due parti come segue:
Un cenno è dovuto sulle varie formule citate più sopra.
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Il master franchising è un’opzione utilizzata dalle imprese per penetrare nei mercati internazionali. La franchise può riguardare un intero paese (la Gran Bretagna o l’Italia) o una sua regione o macro-regione (la Scozia o il Nord Italia).
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La commissione-affiliazione riguarda un rapporto che prevede la cessione della merce all’operatore commerciale in “conto vendita”. La remunerazione è fissata in una percentuale sulla merce venduta. È utilizzata soprattutto nel settore dell’abbigliamento.
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La concessione di vendita riguarda soprattutto la distribuzione di prodotti e non l’offerta di servizi.
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La licenza di marchio o licensing prevede la concessione dell’uso di un marchio commerciale sfruttandone la notorietà. I rapporti tra il licenziante e il partner, chiamato licenziatario, sono normalmente semplici e lasciano ampia facoltà operativa. Con queste operazioni l’uso del marchio da parte di licenziatari locali contribuisce ad accelerare l’attività, a pubblicizzare il marchio e, in ultima analisi, ad affermare la marca.
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Filiale di vendita. Lo sviluppo di una rete commerciale può essere attuato attraverso punti di vendita diretti gestiti da proprio personale con investimenti, in fatto di location, anche consistenti. Molto spesso questa opzione è utilizzata dalle grandi firme della moda italiana nelle principali città del mondo.
Normalmente i promotori delle reti commerciali sono imprese con una lunga storia di successo, con un’organizzazione interna più o meno strutturata e con una notorietà riconosciuta a livello di consumatore e/o utente. Chi aderisce alla proposta commerciale del promotore è un operatore/imprenditore indipendente, sottoposto a tutte le obbligazioni amministrative e fiscali previste dalle leggi del paese in cui opera. Se ci limitiamo al settore dei servizi, i vari tipi di collaborazione commerciale si riducono a due: il partenariato e il franchising. Prima di entrare nel merito di queste due tecniche, devo dire che non esiste l’istituto del partenariato – quindi se è utilizzato un contratto di partenariato, si tratta di un contratto atipico –, mentre il franchising è un contratto che è regolato dalla legge n. 129 del 6 maggio 2004, entrata in vigore in Italia il 25 maggio 2004. Dal momento che esistono leggi nazionali che regolamentano il franchising in vari paesi europei (Francia, Spagna, Romania e, tra breve, Belgio e Grecia), le autorità del commercio dell’Unione Europea stanno valutando delle linee guida in cui inquadrare il franchising, così com’è successo negli USA, dove la Federal Trade Commission, dopo che 14 stati avevano approvato leggi diverse sul franchising, ha sentito la necessità di emanare a riguardo una legge quadro. Ritengo possa essere utile fornire, a questo punto, alcuni flash sulle tecniche del franchising e del partenariato, le più utilizzate nel campo dei servizi.
Il franchising
Già nel regolamento Europeo emanato nel 1989, la Comunità Economica Europea aveva deciso che il rapporto di franchising si basava su quattro fattori:
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immagine di marca – identità comune – effetto rete;
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know-how – metodi operativi sperimentati – standard qualitativi;
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assistenza continua – supporti tecnico-commerciali – integrazione;
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vendita prodotti/servizi – applicabile in ogni settore merceologico.
La legge citata ha introdotto la definizione ufficiale del franchising. L’affiliazione commerciale (“franchising”) è il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi. Il contratto di affiliazione commerciale, che può essere utilizzato in ogni settore di attività economica, deve prevedere la cessione di un know-how (un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall’affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato) e la somministrazione dei beni prodotti dall’affiliante o secondo le sue istruzioni e contrassegnati dal nome del franchisor. Il contratto può prevedere il pagamento di un diritto d’ingresso e di royalty da parte del franchisee.
Partenariato
Questa formula sta avendo una diffusione abbastanza importante in Francia. In Italia si parla di questo tipo di contratto da circa due anni. Nel paese transalpino è un rapporto che ricade nella legge Doubin, quella che fa riferimento ad ogni collaborazione commerciale in cui c’è la concessione dell’uso di un’insegna. In Italia è un contratto che non è previsto dal Codice Civile e il rapporto eventuale tra i due partner è atipico. Si tratta di una “associazione” tra più imprese, che dà luogo a un sistema non strutturato. Gli impegni degli aderenti ad una rete di partner si manifestano generalmente attraverso un’attività commerciale sotto una medesima insegna e con un’esclusiva territoriale. Essi conservano una totale indipendenza che esclude ogni idea di interdipendenza tra i due partner. Spesso si parla di partenariato quando un imprenditore entra in società con un operatore locale per sviluppare un centro servizi o un un punto di vendita e/o assistenza. Quali sono i principali elementi caratteristici del franchising rispetto al partenariato? Vediamoli nella tabella qui sotto:
Conclusioni
Gli esperti di franchising affermano che si ha un rapporto di partnership quando mancano uno o più elementi che caratterizzano il franchising, così come definito dalla legge del 2004. Gli esperti legali evidenziano che in ogni relazione tra due partner non è determinante la denominazione del contratto (la fantasia umana è molto prolifica!), ma il contenuto dello stesso. Di conseguenza, se un contratto prevede gli elementi fondamentali del franchising più sopra riportati, esso sarà soggetto alla regolamentazione del franchising del 2004, anche se si chiamerà licensing, formula commerciale, gruppo d’acquisto, associazione, partnership, club, ecc.
Fonte: Giuseppe Bonani, di Quadrante