Secondo un'indagine Ipsos gli italiani sono in fondo alle classifiche europee sul grado di soddisfazione in ufficio. Per il 92 per cento l'impiego non è fonte né di piacere né di orgoglio
Demotivati, poco
realizzati, stressati. In una parola sola: frustrati. Mentre nel
nostro Paese la Cassazione afferma (meglio: conferma) che il
mobbing non è un reato, i lavoratori italiani si dichiarano usurati
e sovraffaticati, insoddisfatti del proprio impiego tanto che per
sette persone su dieci il lavoro è solamente sinonimo di noia e
routine. È questo uno dei dati più preoccupanti della ricerca
'Barometro 2007, benessere e qualità della vita sul luogo di
lavoro', condotta da Ipsos per Accor Services (la società dei
ticket restaurant).
Lo studio, i cui risultati 'L'espresso' è in grado di anticipare,
dipinge un quadro per nulla allegro: l'Italia, fra i paesi
coinvolti nella ricerca (Belgio, Francia, Spagna, Repubblica Ceca,
Slovacchia, Romania e Turchia), è quello con la più bassa
percentuale di persone che considera il proprio impiego un motivo
di orgoglio o di piacere (8 per cento). Un dato distante dalle
altre nazioni, dove il lavoro è visto, sì, come un fattore di
sicurezza, ma anche come un piacere per il 20 per cento dei belgi,
il 21 dei francesi e il 18 degli sloveni, addirittura il 25 per
cento dei turchi e il 33 dei rumeni.
Le cose non vanno meglio se si parla di sicurezza, salute e
ambiente, aspetti del tutto trascurati secondo i lavoratori
italiani. Il giudizio su questi tre fattori fa infatti precipitare
il nostro paese al penultimo posto nella classifica degli Stati in
cui si lavora meglio, che vede al primo posto il Belgio, in cui a
essere soddisfatti sono quasi otto lavoratori su dieci (77 per
cento), seguito dalla Slovacchia (71), dalla Repubblica Ceca (66),
dalla Francia (64) e dalla Romania (63): peggio di noi solo la
Turchia, con il 50 per cento degli insoddisfatti (appena il 6 per
cento in più dell'Italia). Un dato ancora più evidente se si pensa
che dal 2005 questa percentuale è scesa di ben 16 punti. Non è
quindi un caso se quasi la metà delle persone intervistate (1.688
italiani su 10.288 europei) ha pianificato di cambiare lavoro.
Siamo in fondo anche nella classifica 'Soddisfazione per il
pacchetto benefit' (22 per cento del campione) e agli ultimi posti
come grado di soddisfazione per la retribuzione: 33 per cento;
peggio dell'Italia solamente la Turchia (32 per cento) e la Romania
(30 per cento). Ci dichiariamo anche i più sovraffaticati (un
italiano su dieci).
La ricerca ha tentato di tratteggiare il profilo dei lavoratori
europei, classificandoli in sei tipologie: sovraffaticati,
motivati, disincantati, distanti, fragili e arresi. "Uno dei dati
più negativi è la percentuale di disincantati, che è la più alta
d'Europa e che secondo la ricerca è del 15 per cento", spiega
Fausta Guarriello, professore di diritto del lavoro all'Università
di Pescara e delegato italiano nel consiglio di amministrazione
dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro: "Ciò significa che
nel nostro paese in pochi credono di poter far carriera solamente
con la propria professionalità. Non tutti i numeri sono però così
allarmanti. Risultiamo infatti anche fra i più motivati (47 per
cento) e la prima richiesta nei confronti del datore di lavoro è la
formazione professionale (61 per cento), segno evidente che
nonostante le difficoltà e la disillusione abbiamo ancora voglia di
acquisire nuove competenze".