L'''India sta per strappare lo
scettro di terra promessa del retail e della fashion industry alla
Cina. Secondo NV Sivakumar, executive director di
PriceWaterhouseCoopers per l'India, «nel Paese ci sono grosse
potenzialità di sviluppo per il retail e l'industria della moda
(made in Italy compreso). Il prodotto interno lordo cresce al ritmo
dell'8% l'anno e continuerà almeno fino al 2008. Inoltre l'India
sta aprendo il mercato ai single brand retailer come Lvmh e questo
non fa che catalizzare gli investimenti».
Nella prima metà del 2006 l'India ha attirato investimenti
stranieri per 7,96 miliardi di dollari, «ma le infrastrutture,
precisa Sivakumar, sono carenti e quindi l'espansione dei grandi
gruppi come Hugo Boss o Burberry incontra delle difficoltà».
Oltre che per i single brand c'è anche spazio per gli accordi di
franchising. Con questa formula si sono già cimentati gruppi e
retailer come Benetton, Stefanel, Mango, Marks & Spencer.
Per il franchising ci sono interessanti prospettive anche in Cina
dove la regolamentazione per le imprese straniere si è allentata
rispetto al passato e dove gruppi come Benetton hanno stretto
joint-venture con partner locali. E la tendenza è ormai quella di
acquisire quote di maggioranza anche nelle jv controllate dai
partner asiatici. «In India, spiega Roberto Adami, partner per
l'Italia e l'Europa della divisione Retail & Consumer di
PriceWaterhouseCoopers, il franchising incontra più restrizioni che
in Cina. Le società miste devono essere sempre controllate dai soci
locali. I gruppi stranieri possono detenere solo quote di
minoranza. E questo è un ostacolo per chi vuole presidiare bene
certe aree».