di Andrea Cappello
Diciamocelo chiaro. Se vi fosse la possibilità per i clienti di poter avere un misuratore dell’effettiva efficacia della pubblicità e promozione nei vari canali on e off line, si avrebbero delle belle sorprese. Uno dei motivi principali su cui le aziende prendono abbagli è la quantificazione del target dei possibili canali.
Semplice esempio, seppur semplificato. Prendiamo una
rivista. Ad un possibile inserzionista normalmente vengono dati i
seguenti dati: 1) tiratura e distribuzione moltiplicato per 2)
lettori per copia (di solito 3/4). Un giornale di 100mila copie
quindi, ad esempio, dichiara un target potenziale di 350mila
utenti…
Sulla distribuzione (sempre certificata!) i sorrisi nascono
spontanei soprattutto quando si notano numerosi copie di quotidiani
o periodici accatastate negli angoli nella città a mò di
self-service o volantinate ai passanti o spedite senza richiesta
del destinatario o…
In secondo luogo, non tutti i lettori leggono tutte le pagine di
tutto il giornale.
Terzo luogo una minima porte dei lettori ha nel momento in cui
legge un’inserzione il bisogno del prodotto o servizio offerto,
anche alla lontana.
Facendo la metà gli utenti che leggono la mia pubblicità nella
pagina interna del giornale avremmo 350mila/2=175mila lettori.
Stimando un 25% i lettori interessati al prodotto o servizio
pubblicizzato, che vi assicuro essere cifra straottimistica in caso
si tratti di giornali o media giornalistici dove tale percentuale
potrebbe scendere sotto l’1%, si passa a un 40mila lettori su
rivista specializzata e ad un 1700 su rivista generalistica
(esempio il quotidiano).
Da 350mila a 40mila o addirittura poco più di mille! (Quando le cose vanno bene). Non male…
Se leggessimo con una metodologia più attenta i dati di una campagna sui motori di ricerca, scopriremmo quindi che il costo per potenziale cliente (che AdWords ad esempio ci comunica in forma di impression) rispetto i costi per i potenziali contatti sugli altri media sono di tutt’altro spessore di quelli che le aziende percepiscono. E quando si riesce a misurare i risultati in termini di azioni che la pubblicità riesce a fare, sempre più i dati dei media offline fanno acqua da tutte le parti se confrontati con i dati dell’ADV nel search.
Rimango stupito che, nonostante la logicità del ragionamento di cui sopra, anche a fronte di campagne misurabili legate a risultati (ad esempio numero di richieste di contatto ricevuta dall’azienda), quando si paragonano i risultati delle campagne on e offline i responsabili di budget aziendale fanno enorme fatica a sganciare la spina da tradizionali strumenti di pubblicità (obsoleti e poco performanti) favorendo quelli più moderni ed efficaci.
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