Manuale Operativo Franchising
Per chi è: Ideale per franchisor, il...
I retailer già presenti all'estero hanno mediamente circa 70 punti vendita in franchising in Italia e circa 30 all'estero. E' comunque evidente, anche per l'espansione fuori dai confini nazionali, la preferenza per la formula del franchising rispetto all'apertura di punti diretti.
Per quasi il 35% del campione il fatturato realizzato all’estero incide per oltre il 50% sul totale ricavi. Troviamo con la stessa percentuale un campione di rispondenti che dichiara un fatturato estero che pesa tra il 10 e il 30%.
Tutti i retailer del campione intervistato sono presenti in maniera ‘rilevante’ in Europa, all’appello non manca nessuno: la penetrazione geografica è pari a oltre il 90%. L’Asia pesa per il 47,62%, l’America del Nord per il 45%. Molto distaccati seguono Africa (17,39%), America del Sud (16,66%), Oceania (9%), che risulta anche il Paese dove quasi il 60% degli intervistati dichiara di non essere ancora presente e quasi il 32% di esserci con una presenza ‘poco significativa’.
E' la filiale diretta la formula più utilizzata al momento per il 34,38% degli interpellati, seguita da agenti di vendita (21,88%) e distributori (18,75%). L’e-commerce, che è in pole position come modalità per i retailer non ancora presenti all’estero, scivola invece nelle ultime posizioni con il 9,38%. Cambiano, dunque, modalità e approcci commerciali nel momento in cui l’azienda si è già internazionalizzata, perché a cambiare sono le strategie in loco.
È la rapidità di sviluppo garantita dal franchising il motivo primo che spinge i retailer ad utilizzare questa formula anche per espandersi all’estero. Ne è più che convinto il 60% del campione che, attraverso il concetto di catena in franchising, riesce ad attuare soluzioni più dinamiche di internazionalizzazione, alimentando nuove opportunità di business e ottimizzando il rapporto costi di gestione rete/numero affiliati oltre al più generale rapporto risultati/investimenti. Il 45% degli operatori, poi, punta sul franchising perché dichiara che lo sviluppo della rete diretta è troppo oneroso. Il 45% di chi è andato all’estero afferma che può già anche contare su una rete di partner con relazioni istituzionali consolidate, il che costituisce un valido punto di partenza per individuare partner locali solidi e affidabili.
Alla domanda sulle motivazioni che portano ad aprire punti vendita diretti all’estero, la ricerca evidenzia una parità percentuale (76,92%) declinata su due diverse motivazioni: maggior presidio/controllo della rete, maggiore conoscenza del mercato locale/tentativo di testare la formula commerciale. A un atteggiamento di prudente controllo del territorio e della catena si affianca, però, anche la volontà di diversificare il rischio d’impresa, sposata dal 45% dei rispondenti.
Sulle previsioni delle performance aziendali per il prossimo triennio, emerge che una percentuale altissima, pari al 78% dei rispondenti, confida in un futuro commerciale prospero, decisamente in crescita più all’estero che in Italia, dove invece tale percentuale si dimezza al 40,63%. Previsioni di stabilità sia in Italia sia all’estero rispettivamente dal 31% e da quasi il 22% del campione.
Sommando le percentuali di chi ritiene ‘molto rilevante’ e ‘abbastanza rilevante’ sviluppare il business sui mercati internazionali nel triennio a venire si arriva ad un 80% degli intervistati, che ritengono l’internazionalizzazione non solo un’opportunità ma anche una necessità vista la situazione di crisi in cui versa il mercato nazionale.
Con una differenza percentuale importante, 91,30% vs 78,57%, l’Europa batte l’Asia nelle priorità strategiche di sviluppo del business da parte dei retailer. Seguono Stati Uniti (64,70%) e America del Sud (62,50%). Il distacco maggiore si ha con Africa (50%) e Oceania (33,33%). Quest’ultima rappresenta una priorità ‘poco rilevante’ per quasi il 54% del totale rispondenti. Si tratta di scelte di campo nette da parte degli operatori che concentrano le proprie attenzioni solo su Continenti e Paesi che presentano un quadro politico-economico più stabile.
Sui Paesi di maggiore appeal commerciale il campione non ha
dubbi: la Francia è la prima nel ranking delle priorità con il 50%
delle risposte favorevoli, seguita dalla Gran Bretagna con il
37,50%. La Russia si aggiudica il 37,50% delle preferenze dei
retailer. In area europea segue la Germania con il 33,33%, ma con
la stessa percentuale sono indicati anche Cina ed Emirati
Arabi.
Tra le altre destinazioni, gli Stati Uniti registrano il 33,3%
delle preferenze, l’India il 25% e il Brasile il 20,8%. La
saturazione degli spazi di sviluppo del retail in Europa
occidentale costituisce senza dubbio un forte incentivo per chi
vuole investire in Oriente, dove i mercati retail locali hanno un
bacino di consumatori in grande crescita. Inoltre, stanno
aumentando i livelli salariali e di conseguenza la domanda di beni
di consumo, soprattutto quelli prodotti dai brand occidentali.
La motivazione principale che ha spinto il 62,50% del campione alla scelta di determinati Paesi in cui sviluppare la rete è chiara: consumi in crescita e classe media emergente. A grande distanza segue il livello di rischio del Paese, indicato dal 33%, mentre prossimità geografica e bassa complessità delle normative sono al 29,17%.