Mentre i centri
storici si desertificano a causa degli affitti troppo alti, nella
sola Milano si registrano 110 chiusure di negozi negli ultimi mesi,
nuove tipologie di punti vendita fanno la loro comparsa. Alcune,
come i temporary shop, di nuovo hanno solo la declinazione
del concept. Altre invece rappresentano per l’Italia una novità
soprattutto dal punto di vista quantitativo; pare siano più di
3.300 i negozi che trattano prodotti usati: vestiti,
attrezzature sportive, mobili, elettrodomestici, telefoni
cellulari, fumetti, computer, libri scolastici e non.
Una conferma, se ce n’era il bisogno, del fatto che gli italiani
continuano a non amare le vendite “per corrispondenza”, con
buona pace di Ebay and company, e preferiscono vedere e toccare con
mano quello che comprano. Ma anche, purtroppo, l’ennesima conferma
delle quotidiane difficoltà economiche che stiamo
attraversando. |
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Temporary shop: sono negozi temporanei che
restano aperti da alcuni giorni ad un mese, massimo due o tre.
Questi, contraddicendo la principale regola del marketing di
fidelizzare sempre il cliente al punto vendita, vogliono stimolare
la curiosità inducendo a visitare il negozio nello stretto lasso di
tempo in cui questo è temporaneamente aperto.
Guerrilla
marketing: definizione coniata dal pubblicitario
statunitense Jay Conrad Levinson nel 1984 nel suo omonimo libro per
indicare una forma di promozione pubblicitaria non convenzionale e
a basso costo ottenuta attraverso l'uso creativo di mezzi e
strumenti di comunicazione aggressivi in grado di fare leva
sull'immaginario e sui meccanismi psicologici degli utenti
finali.
Joseph
Schumpeter (1883-1950): economista austriaco, tra i
maggiori del XX secolo. La sua teoria delle innovazioni consente di
spiegare l'alternarsi, nel ciclo economicio, di fasi espansive e
recessive. Le fasi di trasformazione economica sotto la spinta
delle innovazioni maggiori vengono da lui definite di "distruzione
creatrice", alludendo a quel drastico processo selettivo che le
contraddistingue, nel quale molte aziende spariscono, altre invece
nascono o si rafforzano.
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Crisi che pure il fenomeno
temporary non smentisce: un concept che, pur sforzandosi di
apparire “cool” e fichissimo, scimmiotta il verbo anglosassone
della “guerrilla marketing” nel tentativo pur lodevole di
ridurre i costi di promozione all’osso. Funziona in modo tutto
sommato semplice: il tam-tam della Rete e l’uso intelligente dei
social network creano notorietà e attrazione a costi di advertising
vicini allo zero. Ma i nuovi temporary annunciano, debordando dalla
sua originaria applicazione “tessile”, cose di cui non sentivamo un
gran bisogno. Si va dall’apertura temporanea di ristoranti -
casalinghi e non - ad alberghi fatti di una sola stanza, a centri
culturali a termine, a caffè che più espressi non si può: di cui
“sbrigati a berlo che già sto chiudendo” potrebbe esserne il
motto.
È l’effimero che torna, oppure è
l’effimero che non è mai andato via? Oppure è la conferma delle
tesi schumpeteriane riguardo alla creatività distruttiva
del capitalismo? Poiché al momento non siamo in grado di
prevedere se sorgeranno nuove strutture economiche dalle ceneri di
quelle distrutte, ci accontentiamo del fatto che, nonostante tutto,
qualcuno cerca di fare qualcosa. Di vecchio e usato, di nuovo e già
abusato. Non è molto. Ma di questi tempi è già
abbastanza.
Da: La rosa e il giardiniere –
Fatti, opinioni e commenti in tema di punti vendita e consumo
consapevole
a cura di Evolvere.it, 12-Settembre-2011. http://www.larosaeilgiardiniere.it/
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